martedì 25 gennaio 2011

La crisi economica ai tempi del berlusconismo

Il Ministro dell'Economia Tremonti
Come è a tutti noto la globalizzazione finanziaria ( e non già economica come si vuol fare credere) ha portato tutto il mondo occidentale ai piedi di una crisi nera ed il cui fondo non è ancora stato visto. Le speculazioni selvagge importate dalla nazione in cui la new economy vide la genesi hanno drogato tutti i sistemi economici nazionali che prima di allora si fondavano su giusti criteri di economia reale. L'età d'oro del keynesismo sfrenato, i favolosi anni '80, hanno indebitato gli Stati a tal punto da mettere in ginocchio le future generazioni. Oggi, ed  è principio di apodittica genesi, ogni Stato sovrano ha la primaria necessità di porre fine al salasso dei conti pubblici attraverso una razionalizzazione delle spese ed una maggiore certezza delle entrate. Il tanto apprezzato ministro Tremonti si è mosso attraverso criteri di rigida applicazione ragioneristica: tagliare, limitare, razionalizzare ongi centesimo di risorsa pubblica su schemi di natura "lineare". E così il welfare è deceduto. La sanità pubblica, l'istruzione pubblica, ogni tipo di pubblico servizio di primaria necessità ivi compresa la preziosa acqua sono stati penalizzati a fronte di un settore privato che oggi piu' di ieri è fiorente. La scusa di una maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico è oramai non credibile anche a chi non mastica di economia. Il rovescio della medaglia di siffato stato di cose è che il divario tra l'esigua porzione di italiani che detengono più del 70 % della ricchezza nazionale e gli altri è salito alle stelle. Le manovre del governo in carica depongono a favor di questo stato di cose. Prendiamo ad esempio la cosidetta cedolare secca sugli affitti. Si tratta di una forma di prelievo forzato, a livello comunale, sugli immobili dati in affitto a terzi. Viene definita tassa piatta in quanto favorisce i redditi più alti: è la sua natura, offrire un'aliquota unica uguale per tutti e quindi concentrano gli sconti rispetto al prelievo progressivo su chi denuncia di più. Quanto a dire che chi piu' ha meno versa di tasse. E' questa la modernizzazione del sistema fiscale che Berlusconi, Cicchitto, La Russa, Capezzone (?) e sodali vanno sbandierando? Il pensiero classico in economia, i marginalisti fino ad arrivare ai nuovi Keynesiani inorridiscono a siffatto stato di cose. La redistribuzione della ricchezza nazionale attraverso un sistema impositivo adegauto è la strada maestra da percorrere per evitare che la nostra gloriosa Patria sprofondi nel mediterraneo. Ogni singola forma di federalismo , da quello fiscale a quello normativo, non fa che affossare ancor di più il sistema nella sua complessità, generando sperequazione e levando di fatto ogni potere di azione ad un governo centrale forte. Certo è che si potrebbe obiettare dicendo che l'attuale potere governativo tutto è tranne che forte. Ed è proprio li' il punto focale del ragionamento. I fallimenti del mercato sono normalmente piu' frequenti rispetto ai fallimenti dello Stato per la ovvia ragione che le regole del mercato sono dinamiche e a volte tendono ad aggiustarsi per proseguire nell'annientamento del mercato stesso. Una sorta di eutanasia automatica. Uno Stato dotato di ferree regole, con poteri forti e privo di ogni fardello decentristico, ha come precipuo fattore la possibilità di trovare i punti di equilibrio tra liberismo e soddisfazione sociale. Nulla di piu' lontato è nel presente, ove un presidente del consiglio cavalca la volontà di andarsene dal sacro suolo patrio di una grande azienda , spesso beneficiaria di risorse pubbliche, la cui bontàdella  politica industriale degli ultimi decenni è pari alla qualità delle vetture prodotte.

28 ottobre 1922

Nessun commento: